lunedì 24 febbraio 2014

JOBS, il parere di un cinefilo Applemaniaco...

Per chi ha avuto il piacere di vedere il meraviglioso film per la tv I Pirati della Silicon Valley, diretto da Martyn Burke nel 1999, proverà una certa sensazione di deja-vù davanti a questa recente pellicola di Joshua Micheal Stern dove il ruolo di una delle figure più chiaccherate e innovatrici del mondo della tecnologia, padre della Apple e dei nostri amatissimi iPhone, al secolo Steven Paul Jobs, è rivestito da un sorprendente Ashton Kutcher, sicuramente alla sua miglior prova d'attore di tutta la carriera.
Ma questo deja-vù, se in un primo tempo può farci credere che non ci sia niente di nuovo nel film di Stern, si dissolve presto nella visione generale della pellicola, basata non sul dualismo Jobs/Gates (come nel caso del film del 1999) ma bensì solo ed unicamente sulla missione della vita di jobs: fare in modo che ogni oggetto da lui creato fosse per la gente e arrivasse al loro cuore, diventando un vero prolungamento naturale del corpo umano, qualcosa di cui non poter più fare a meno, una volta scoperto.
Il film parte con la presentazione del 2001 del primo iPod, e a ritroso ci porta alla nascita nel 1974 del gruppo di persone che darà vita a quella che oggi è una delle aziende più importanti di tutto il mondo. Come tutti i biopic anche questo film deve lasciare gran parte del comparto registico al pieno servizio del protagonista, in questo caso specifico indugiando con piacere quasi feticista su tutti quei dettagli che hanno costruito il culto della personalità del creatore dell'azienda di Cupertino, dalla camminata a piedi scalzi e pesantemente sbilanciata in avanti, passando per le mani raccolte quasi come in preghiera e arrivando alle famosissime scarpe da ginnastica preferite da Jobs, tutto viene inquadrato dalla macchina da presa con un intenso, e a tratti fin troppo palese, gusto per il "mito fine a se stesso", quasi svuotato dai significati reali che esso (il mito) contiene.
Ma a parte questo modo di affrontare un icona soffermandosi sulla scomposizione geometrica del soggetto interessato, che può anche piacere da un punto di vista estetico ma lascia scivolare troppo significato dal costrutto del racconto, il film sa anche narrare la storia di un uomo ambizioso e decisamente fuori dagli schemi, così pieno di volontà creativa da sacrificare per essa qualsiasi spiraglio di felicità "facile", diventando un vero lottatore nemico dell'impossibile, una sorta di eroe moderno da cui imparare a non arrendersi mai davanti ai propri sogni, innalzandoli sempre a centro della nostra esistenza; e lo sa fare con un equilibrio e una struttura di ferro, che sanno appassionare e tenere viva l'attenzione dello spettatore attraverso le grandi contraddizioni di Jobs.
In conclusione la pellicola ha il solo difetto di indugiare eccessivamente sull'iconografia del mito di Steve Jobs, e nonostante questo difetto porti via parte significativa del messaggio che Stern avrebbe voluto far passare, questo riesce a palesarsi in parte attraverso un ottimo modo di narrare la storia di un uomo eccezionale che riposa tutt'altro che inerme sulle scrivanie, nelle borse, sui comodini e nelle orecchie di milioni di persone, e per sempre.

venerdì 21 febbraio 2014

MONUMENTS MEN di George Clooney; la memoria e il panino.

"Con la cultura non ci si prepara un panino": all'incirca con queste parole un Ministro dell'Economia della Repubblica Italiana di qualche governo fa diede la sua illuminante opinione sull'importanza della sfera culturale nell'economia italiana.
é inutile che dica a voi, lettori illuminati di cotanto blogger, quanto enorme fosse la cagata succitata.
La cultura non solo produce un quantitativo di risorse economiche immenso (non in Italia nonostante sia maggiormente concentrata, ma questo solo ed unicamente per colpa degli italiani), ma soprattutto costituisce un patrimonio che identifica un popolo e lo rende unico, distinto da tutti gli altri, inimitabile.
Tratto dalla vera storia di un gruppo di uomini (americani, inglesi e francesi) che durante gli ultimi giorni della seconda guerra mondiale contribuirono a salvare più di cinque milioni di opere d'arte dalle grinfie dei nazisti, l'ultima pellicola diretta e interpretata dal sempre più sorprendente George Clooney prende le mosse da un saggio di Witter-Edsel che consiglio a tutti, essendo una piacevole e interessantissima lettura, dove si racconta la vicenda dei Monuments Men, uomini dell'ambiente culturale americano e britannico incaricati dal governo degli Stati Uniti di rintacciare e preservare le opere d'arte minacciate dalla guerra e soprattutto dai furti sempre più frequenti dei nazisti, atti a completare quella che nella mente di Hitler sarebbe stata la più grande collezione d'arte di ogni tempo.
Il saggio da cui è tratto il film
L'abilità principale di Clooney nel dirigere questa storia ambientata nel periodo più cruento del secondo conflitto mondiale (lo sbarco in Normandia e tutta la lunga cavalcata alleata verso Berlino)  è stata quella di aver saputo trasformare un saggio molto dettagliato e dal taglio decisamente storico in una vera e propria avventura, prendendosi certamente alcune licenze poetiche e inserendo momenti di ilarità e umorismo molto americani, ma mantenendo sempre vivo il significato che già apparteneva all'opera originale e di cui ho parlato in apertura.
La regia è quella a cui Clooney ci ha abituato fin da Confessioni di una Mente Pericolosa, una regia fatta di tanta teoria filmica assimilata nei lunghi anni della carriera attoriale, amore per la narrazione pura e cruda, e tanta voglia di intrattenere, questa volta in modo molto più leggero (ma mai banale) rispetto a quanto succedeva negli ultimi due film da lui diretti (Good Night, Good Luck e Le Idi di Marzo).
Clooney si prende anche un notevole spazio all'interno della pellicola per indugiare sui campi lunghi e le atmosfere dei luoghi ricchi di fascino che le splendide scenografie ricostruiscono con un piglio molto spielberghiano (le miniere dove i nazisti stipano le opere d'arte ricordano tanto il finale di Indiana Jones e i Predatori dell'Arca Perduta), realizzando quella che a mio parere è la sua pellicola più marcatamente Hollywodiana.
Oltre a una prova attoriale splendida da parte di Clooney nei panni di George Stout (promotore dell'iniziativa dei Monuments Men) è impossibile non citare l'interpretazione regolata e sempre elegante di un Matt Damon (James Rorimer) in stato di grazia, ma soprattutto la geniale recitazione di un Bill Murray nei panni dell'architetto Rich Campbell, ridotta ai minimi termini ma assolutamente esilarante.
Un film da vedere assolutamente secondo il vostro amichevole cinepazzo di quartiere.



mercoledì 19 febbraio 2014

AGE OF ULTRON - La mia (Ri)valutazione finale.


I grandi eventi Marvel sono diventati col tempo dei veri e propri specchietti per le allodole che attirino nuovi lettori con la promessa che da quel momento in poi "niente sarà più come prima" e  che quindi a tutti sarà concesso di accedere a una serie di nuove storie leggibili e godibili anche per chi non conosce centinaia di riferimenti a una continuity pluridecennale.
Ai tempi del capolavoro Civil War di Miller i grandi eventi Marvel si trasformarono nel momento dell'anno in cui le migliori penne e le migliori matite del Bullpenn Marvel si riunivano per creare una storia a fumetti epica nettamente superiore a tutto quello che fino a quel momento si era visto e letto.
Age of Ultron è un passaggio anomalo: partita con lo strascico publicitario di cui ho parlato in apertura, basato sul cambiamento dell'intero universo Marvel e annunci esorbitanti sulla falsariga di questo, per diventare in corso d'opera una sorta di storia degli anni '70 dove tutto cambia fino all'ultimo episodio dove un viaggio nel tempo o una magia del Dottor Strange (ogni riferimento a cose scritte da JMS su ordine di Quaesada è puramente casuale) riportano tutte le cose al loro status quo originale; e infine trasformarsi in un'occasione davvero ghiotta per introdurre nell'universo Marvel tradizionale personaggi di universi alternativi o addirittura di altre case editrici (vedi Angela della Image direttamente dalle pagine di Spawn).

Insomma senza rovinare la sorpresa a quanti ancora non l'hanno letto, voglio dire che Age of Ultron rappresenta una storia molto godibile che apparentemente resta distaccata da quanto visto nei precedenti Big Events, ma che in realtà prende in considerazione un fatto forse troppo a lungo dimenticato dagli autori, ovvero: ma tutti questi balzi nel tempo, nelle dimensioni e tra gli universi che i nostri eroi compiono un numero si e l'altro pure, possibile che mai e poi mai danneggino qualcosa nell'asse cosmico?
Insomma Bendis mi ha fatto credere per 5 numeri di star raccontando una storia classica dal sapore retrò senza troppe conseguenze e forse anche un pò anonima, per poi sconvolgere l'universo Marvel fin nel suo costrutto più interno, ovvero la sua struttura spazio-temporale.

Non è certamente la più bella storia Marvel che sia mai stata scritta, ma non è nemmeno quella porcata che pensavo che fosse in principio.

lunedì 17 febbraio 2014

Come si fa un corto indipendente...

COME SI FA UN CORTO INDIPENDENTE, questo è l'altisonante titolo del nuovo progetto ideato dalla mia mente malata di cinema (da guardare ma soprattutto da FARE).

PREMESSA:

Il giorno 22 marzo il mio ultimo cortometraggio Altrove e con Nessuno (che potete vedere QUI dal 3 febbraio) sarà proiettato come tutti gli altri corti in concorso al NOVARA CINEFESTIVAL 10, dopo aver attraversato 15 città e rispettivi festival in tutt'Italia e dopo aver vinto al Concorso per Cortometraggi del Sena Comics and Games 2013.
Questa la considero l'ultima tappa ideale del tour, proprio nella mia città e nella sezione A Scenari Orizzontali, casa ideale del mio piccolo cortometraggio.

SVOLGIMENTO:

Dunque la mia rinomata ossessione per le schematizzazioni mi ha portato a considerare il 22 marzo come il giorno in cui spezzare il cordone ombelicale che mi unisce alla mia ultima opera e come l'inizio di un nuovo progetto, che in realtà è già cominciato da molto tempo e che si chiama L'Immagine di Uno, una sceneggiatura splendida scritta da Simone Colombo (e completata da qualche mese) e di cui ho già parlato QUI.
In contemporanea alla realizzazione di questo cortometraggio realizzerò insieme a tutti i miei collaboratori, dei video mensili sul nostro lavoro che diventeranno una vera cronaca di come si realizza un cortometraggio con soltanto tanta passione nelle vene e pochi mezzi, o meglio di come io e il mio gruppo di lavoro realizziamo un cortometraggio indipendente.

CONCLUSIONE:

L'intento è quello di appassionare giovani aspiranti registi che vorrebbero fare il passo di realizzare la loro opera prima e che sono terrorizzati dalle mille difficoltà apparenti che fanno sembrare la realizzazione di un film breve qualcosa di lontanissimo dalle nostre vite "normali" di non miliardari-raccomandati-rottinculo-exgrandifratello; ma anche di avvicinare chi ha la sana curiosità di come si realizza un piccolo film.

STATE CONNESSI, QUEST'ANNO SI LAVORA SUL SERIO!